Aieta, fra i borghi più belli d'Italia

Il nome del comune, "Ajeta", deriva dal greco "aetos" (aquila), una volta presente nel territorio
dell'antico centro abitato situato sul monte Calimaro

PALAZZO

RINASCIMENTALE

VALLE DEI

MULINI

MU.VI.D’A.

MUSEO VIRTUALE

Luoghi da scoprire

Aieta, Palazzo Rinascimentale

Il borgo, le cui note di colore dominanti sono il bianco delle facciate e il rosso dei tetti, si stringe intorno al suo edificio più prezioso, il palazzo eretto nel XVI secolo dai Martirano, ampliato dai marchesi Cosentino e poi venduto agli Spinelli di Scalea, uno dei pochi esempi dello stile rinascimentale applicato all’edilizia civile in Calabria.

Aieta, la via dei mulini

La via dei mulini rappresenta un legame storico con il fiume, i campi ed il paese. Per secoli i mulini ad acqua hanno rappresentato uno strumento indispensabile per l’alimentazione di una popolazione urbana e rurale, vitali per un’economia agricola sono sopravvissuti fino a che non sono stati sostituiti da mulini più moderni ed alimentati ad energia elettrica.

MU.VI.D'A,  Museo Virtuale di Aieta

Presso il Palazzo Rinascimentale dal luglio 2012 c’è il MU.VI.D’A. Museo Virtuale d’Ajeta dove è possibile vedere in grafica 3D il Palazzo Rinascimentale nel momento del suo massimo splendore con la ricostruzione delle sale affrescate, della cucina ecc., ed ancora la ricostruzione del Convento com’era prima di essere abbattuto.

Aieta ha origine medievale; le sue stradine strette e in dislivello riportano agli anni intorno al Mille. Il borgo si stringe intorno al suo edificio più prezioso disposto su tre piani: il pianterreno, dove c’erano il corpo di guardia, la cappella, l’ufficio del marchese, le sale di ricevimento e di musica, le cucine e la dispensa; il primo piano con le camere da letto; i sotterranei con le cantine, le cisterne dell’acqua e la prigione. Il palazzo ha una pianta a U e un loggiato che si apre lungo la cortina muraria della facciata, con cinque archi che poggiano su colonne tuscaniche addossate a pilastri, in pietra locale grigia. Recentemente sono state restaurate vaste porzioni di affreschi. Dichiarato monumento nazionale nel 1913, il palazzo è oggi di proprietà comunale.
Tra gli edifici religiosi, spicca la chiesa madre, dedicata a Santa Maria della Visitazione, realizzata nel XVI secolo su impianto di età normanna. Impreziosisce l’ingresso il portale in pietra, fiancheggiato da pilastri decorati a volute. L’interno, a croce latina con tre navate, è ricco di affreschi e dipinti su tavola. Destano interesse il prospetto di custodia eucaristica in marmo del 1511, trasformato in pala d’altare durante i lavori di rifacimento tardo secenteschi dell’edificio; un crocefisso in legno di artigianato meridionale; l’icona della Madre di Consolazione, rara nel suo genere, proveniente dall’antica chiesa di San Nicola e forse riconducibile ai prototipi d’inizio Cinquecento di Nicolaos Tzafuris, cretese di Candia; la croce d’argento con fusto a tralcio di vite della seconda metà del Cinquecento; la Madonna del Carmine di Dick Hendricksz (1544-1618), artista fiammingo che ebbe grande influenza sulla cultura pittorica dell’Italia meridionale; le due pale d’altare di Fabrizio Santafede, pittore napoletano a cavallo tra tardo manierismo e primo barocco, con la grande Visitazione collocata nell’abside nel 1576. Notevole anche l’organo Bossi-Prezioso di scuola napoletana, consegnato alla chiesa il 19 agosto 1673, restaurato nel 1995 per restituirgli la sua antica voce.
Del convento dei Padri Minori Osservanti di San Francesco d’Assisi (1520) abbattuto intorno al 1950, resta solo la chiesa di San Francesco, oggetto di un recente recupero.
A 800 metri dal centro storico, nella cappella di San Vito Martire (XVII secolo), con portale ad arco e portico di ingresso, è conservata la statua lignea settecentesca del patrono di Aieta.
Altre cappelle da visitare sono quella di San Giuseppe in piazzale palazzo, con portale in pietra sormontato dallo stemma nobiliare dei Cosentino, quella di San Biagio per i suoi affreschi rinascimentali, di Santa Maria della Purità, dell’Addolorata al Ponte (XVIII secolo) e infine quella, ridotta a rudere, di San Nicola in Cantongrande, risalente all’XI secolo e fino al XVI di rito greco.
Magnifici portali in pietra, lavorati da scalpellini locali tra Sette e Ottocento, sono disseminati tra le viuzze del centro storico: ricordiamo quelli di via Cantongrande ai numeri civici 5 e 6 (rispettivamente del 1767 e del 1860, come da incisione sulla chiave di volta), 39 e 41, in via Socastro ai numeri 5, 6, 46 e 86, e nelle vie Giugni Lomonaco, Notar Lomonaco, Vico dei Nobili.
Attraversato un ponte medievale, si arriva infine ai resti di antichi mulini ad acqua.

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